domenica 16 settembre 2007

Orrido di Botri

LASCIATE OGNI SPERANZA, VOI CH’ENTRATE. (Inferno, Canto III, vv. 1-9)
Così inizia la nostra avventura all'Orrido di Botri, un profondo canyon scavato dalle acque del Rio Pelago che scende dalle pendici di Foce a Giovo, al confine tra Toscana ed Emilia. Abituati ad andare verso l'alto, questa volta abbiamo provato a stare con i piedi per terra, o per meglio dire "in acqua". Attrezzati al minimo necessario, scarpe da ginnastica e pantaloni corti, ci siamo presentati al centro visite di Ponte a Gaio. Abbiamo indossato il caschetto protettivo e assieme al nostro Virgilio, una guida del parco, ci siamo incamminati verso la "selva oscura". Dopo un primo tratto largo e asciutto, la gola si fa stretta e ci costringe a bagnarci i piedi, d'altra parte siamo venuti proprio per questo. Ben presto ci troviamo sormontati da pareti alte e scoscese sulle quali ci dicono nidifica l'aquila, ma non l'abbiamo vista. Il percorso prosegue senza grandi difficoltà, tranne quella di stare in piedi su sassi umidi e scivolosi, meglio passare in mezzo dove l'acqua arriva alle ginocchia. Tra prove di forza e di coraggio, che coinvolgono anche la guida abituata ai soliti visitatori del weekend, giungiamo al termine del percorso che ci eravamo prefissati, la piscina. Qui i più intrepidi si immergono e si tuffano. Il tempo di gustarci un tardo temporale settembrino, ci giriamo indietro e torniamo alla base. Cambiati e asciugati facciamo rientro a casa. Non siamo andati verso l'alto, ma ne è comunque valsa la pena: il luogo è suggestivo e selvaggio. 







Nessun commento:

Posta un commento