domenica 7 agosto 2011

Pizzo Bernina (Biancograt) e traversata Piz Palù


Ci siamo, si parte! decidiamo di partire dopo giorni di febbrile consultazione di tutti i siti meteo delle alpi che ora indicano per venerdì mattina una breve finestra di bel tempo per la nostra salita.
L’obiettivo è il Pizzo Bernina, il più orientale dei 4.000mt delle alpi, per la Biancograt. Chiunque scorga l’elegante e sinuosa parte nevosa di questa cresta non può che desiderare di salirla. Nota anche con il nome di Himmelsgrat, Scala del Cielo, rappresenta una classica tra le creste alpine per la bellezza delle linee, per l’esposizione continua e i panorami grandiosi che la circondano.
Sulle guide generalmente è gradata come D- o AD+, con passaggi di IV° e pendii fino a 45°. In realtà molto dipende dalle condizioni che nel nostro caso, secondo me, erano ottime, con molta neve ancora portante sia sullo scivolo che conduce alla Fourcla Prevliousa sia lungo la parte centrale della cresta. Non abbiamo incontrato ghiaccio vivo come alcune relazioni riportano e questo ha agevolato la salita. I passaggi di roccia invece ci sono tutti e l’esposizione anche.
Lasciamo la macchina a Pontresina, dopo non poche difficoltà a capire quale sia il parcheggio destinato alle lunghe soste. Ci sono solo parcheggi a pagamento e tutti con soste fino a 12 ore. L’unico che permette soste di più giorni è di fronte alla partenza della strada che sale in Val Roseg, sotto il ponte in sasso e si distingue perché con terreno di erba e ghiaia (munirsi di molti franchi in moneta).
La giornata è bella, con qualche nube, quindi decidiamo di non sfruttare il piacevole ma costoso servizio di calesse ma di percorre la lunga strada carrozzabile che sale pianeggiante la val Roseg (7 km).
Giunti all’Hotel Roseg prendiamo il sentiero che si inerpica lungo il pendio e conduce al rifugio Chamanna da Tschierva, a 2.583mt. Il rifugio è bellissimo, ristrutturato da poco, con una stanza con una grande vetrata con vista a 180° sul Piz Roseg e il Bernina, da rimanere ore ad ammirare.
Il cibo, le quantità e il prezzo invece sono da dimenticare…basta pensare che ci vogliono 9€ per una bottiglia di acqua mentre a colazione ci hanno lasciato una porzione di burro per 4 persone…
Siamo in 4 cordate a tentare la salita e subito scambiamo alcune chiacchiere con una guida italiana che conosce a memoria la salita e che proprio il giorno prima aveva salito la via. La strategia a questo punto è chiara: se riusciremo a stare dietro alla guida italiana, non perderemo tempo ad individuare i passaggi migliori sulle rocce.
La prima colazione è alle 3, senza possibilità di contrattare, e alle 3.30 siamo i secondi a partire; davanti a noi una guida tedesca con due clienti. Velocemente raggiungiamo il terzetto lungo tracce di sentiero segnato vagamente con qualche catarifrangente, costeggiando le rocce del Morteratsch. In breve siamo raggiunti a nostra volta dalla guida italiana che decidiamo di far passare a aprire il percorso. Appena mettiamo piede sulla Vadret da Tschierva ci leghiamo e iniziamo la breve risalita del ghiacciaio su terreno via via più pendente fino alla crepaccia terminale che ancora molto chiusa non presenta alcuna difficoltà per poi salire il facile pendio nevoso fino alla Fourcla Prevliousa (3.430 mt). Il desiderio di tenerci vicino alla guida ci ha portato alla forcella in poco più di due ore, ma sulle prime rocce la velocità di manovra e la sicurezza della guida ci fa subito capire che presto la perderemo di vista. Dalla forcella percorriamo prima sulla destra poi sul filo centrale la cresta rocciosa con passaggi di III° con spit presenti in loco. Procediamo con prudenza alle prima luce dell’alba, ma il tempo è cupo e grigio, con grosse nubi che non sembrano lasciar spazio ad alcun raggio di sole. Le previsioni meteo sono state decisamente sbagliate.
Lasciato il filo di cresta ci si sposta verso sinistra, scendendo lungo una intuitiva cengia rocciosa verso una gengiva nevosa dalla quale inizia la parte nevosa della cresta. Rimontiamo il filo di cresta per pendii sui 45° stando sulla sinistra, su traccia ben visibile e battuta. La nebbia ormai ci ha avvolti e vediamo davanti a noi una macchia scura che riteniamo essere la guida col cliente. Questa certezza, quella di avere davanti a noi una guida che conosce bene il percorso, insieme al fatto di averne un’altra qualche decina di minuti dietro, ci ha dato la forza di proseguire nonostante il tempo pessimo e la fitta nevicata che intanto aveva cominciato a scendere. Proseguiamo ora sul filo di destra della cresta, non ci rendiamo ormai conto ne di dove siamo, ne di quanto manca alla parte finale. La cresta ci sembra lunghissima ed ogni curva di questo lungo serpente nevoso speriamo che sia l’ultima. Solo l’altimetro ci riporta alla certezza di dove siamo e quando segna i 4.000 mt sappiamo che la parte nevosa è ormai finita. Siamo sul Pizzo Bianco (3.995 mt), ma effettivamente, come si legge su tutte le relazioni, il bello deve ancora venire. Seguiamo la cresta nella nebbia, su rocce stabili, ormai coperte da un sottile strato di neve, lungo il filo per qualche decina di metri. La cresta è sottile, ma gli appigli sono molto buoni e non mancano spit e chiodi qua e là. La nebbia non ci fa rendere conto di ciò che ci circonda e pochi metri sotto di noi ogni cosa diventa uniforme. Arriviamo alla prima calata, l’anella è bella evidente e d’altronde il salto di una ventina di metri non lascia dubbi sul fatto che di qui è difficile far diversamente. Superiamo alcuni piccoli torrioni rocciosi direttamente fino ad uno più evidente che essendo ben coperto di neve si risale direttamente, con passaggi di misto delicati, ma sempre proteggibili con spit sul posto. Dal torrione ci si cala con una doppia su una esile sella dalla quale si sale la facile cresta con passaggi di II°. Nel nostro caso la cresta finale era completamente coperta di neve quindi abbiamo risalito il ripido pendio finale senza quasi accorgerci delle rocce.
Siamo in vetta!! La gioia per la salita è tanta, una bella impresa, visto il tempo, ma non c’è tempo di festeggiare, il meteo ci impone di muoverci. Scendiamo lungo la cresta per facili roccette fino ad una sella. Ad un bivio abbandoniamo il filo di cresta e scegliamo di seguire la traccia evidente della guida che ci ha preceduto, senza capire dove stiamo andando. In breve intuiamo che stiamo tagliando una ripido pendio nevoso, su neve marcia. Solo il giorno dopo ci rendiamo conto che la guida, per evitare un tratto di cresta rocciosa, ha tagliato il pendio sottostante lungo la ripida parete Est del Bernina. Un piccolo errore o il distacco della neve e la nostra discesa di sarebbe fermata mille metri più in basso.
Rimontiamo la linea di cresta che scende dalle rocce che avevamo evitato, fino ad un punto di calata che con un paio di doppie porta alla base della cresta di roccia della via “normale”. Con un’ultima doppia evitiamo un insidioso canalino nevoso e in breve siamo al rifugio Marco e Rosa. Sono passate nove ore dalla partenza e da qui il percorso di discesa è ancora molto lungo. (almeno 4/5 ore di cammino, discese in doppia e 500 mt di dislivello in salita per raggiungere la funivia del Diavolezza o un paio di ore in più per la lunga discesa per il ghiacciaio di Morteratsch).

Decidiamo di riposarci e ripartire il giorno dopo. La sera il tempo peggiora ulteriormente e la mattina dopo ci svegliamo con 20 cm di neve fresca. Il tempo però è bello, qualche innocua nuvola decora l’orizzonte. Alle 6 ci incamminiamo lungo il ghiacciaio puntando verso la Fourcla di Bellavista per percorre la traversata del Piz Palù, una estetica cresta di neve e roccia che collega ad anello il rifugio Marco e Rosa alla funivia del Diavolezza. Il sogno di concatenare Bernina e Piz Palù sembra realizzarsi. La cresta, più semplice della Biancograt (grado PD+ passaggi di II°), risale dalla forcella lungo la linea rocciosa fino al Piz Palù occidentale (3.823mt). Da qui si scende verso la cresta nevosa che sale al Piz Palù centrale (3.909mt). La giornata è ancora ottima e riusciamo finalmente a goderci il sole e il panorama meraviglioso che il giorno prima ci erano mancati. Dalla vetta centrale scendiamo per l’aerea ed affilatissima cresta nevosa verso la vetta orientale. Da qui per un ripido scivolo nevoso di scende al ghiacciaio Vadret Pers e in breve alla funivia del Diavolezza. Non è finita però. Dal parcheggio della funivia occorre scendere a Pontresina con treno o autobus (circa uno ogni ora), o come abbiamo fatto noi scroccando un passaggio.
Consigliamo infine a chi desidera ripetere l’itinerario e ha ottimo allenamento di percorre dal rifugio Marco e Rosa anche la traversata del Bellavista salendo al monte Zuppò e al Bellavista, per una grandiosa cavalcata ad alta quota.





il primo tratto roccioso prima della cresta nevosa

l'inizio del tratto nevoso

 sotto la neve lungo il tratto nevoso

il tratto finale roccioso




la vetta svizzera


in vetta


l'alba del sabato dopo la nevicata notturna




 il tratto roccioso della cresta che porta la Piz Palù occidentale


dalla vetta occidentale a quella centrale

dalla vetta centrale a quella orientale